giovedì 14 novembre 2013

Trattato di culinaria per donne tristi - Héctor Abad Faciolince


L'unica notte, disse qualcuno, è quella della veglia, la notte passata in bianco. Non si ha memoria delle notti di sonno. Così è l'amore: il più indimenticabile è quello che non è mai esistito. Come per l'insonnia, anche per l'oblio ci sono sciroppi e intrugli. Ma entrambi sono rimedi senza criterio. Gli uni ti faranno dormire così tanto (senza sogni e senza sonno), che sarà come morire. Con gli altri, se li prendi, non dimenticherai quello che vuoi dimenticare: dimenticherai tutto, sublime o disgustoso che sia stato. Non ti rivelo, dunque, i miei beveraggi per il sonno e l'oblio. Producono lo stesso effetto della cicuta.

Ma è forse un male in nubilato? Non permetter che ti angustino le ruffiane, non permettere che ti circondino le false mezzane. Ci sono alcune che si sposano a forza e sono felici; altre che vanno sorridenti al rito delle nozze senza nemmeno pensare che stanno andando al patibolo. Non potranno essere felici quelle che costrette rimangono zitelle per carenza di offerte? Forse fra le lacrime stai guadagnandoti un cielo qui sulla terra. Sposarsi è un terno a lotto. I ragazzi più attraenti si trasformano in pancioni poco prima del terzo anniversario. Dittatori oziosi, tiranni insaziabili, sciocchi indifferenti che leggono il giornale e guardano la televisione. I principi azzurri sono davvero scarsi. Non prendere, quello si, i vizi più funesti del nubilato. Smetti di essere pettegola. Rifiuta ogni traccia di amarezza. Non essere vendicativa con quelli che vivono nefastamente in coppia, non affondare il coltello nella piaga con i tuoi commenti demolitori. Allontana le manie, mantieni la mente aperta. Goditi la tua libertà senza sbatterla in faccia agli schiavi.

Se mangi frutti amari il tuo carattere non diventerà agro. La schiva fortuna non ti abbandonerà più se sei salata. Non diventerai dolce a forza di caramello. E tuttavia nulla addolcisce le pene dello spirito come le marmellate..

Sana abitudine è tirare fuori la lingua alla tua immagine allo specchio. Da un canto, è necessario, quotidianamente, ridere un po' di sé; e inoltre approfittane per dare un'occhiata al suo colore e alla sua consistenza. La lingua è una grande depositaria di segreti, come organo interno che abbiamo all'esterno. Come leggere i segni della tua lingua? Ah, questo alfabeto è oscuro dato che ogni lingua ha il proprio. Conoscere sé stessi non è altro che conoscere la proprio lingua: guardala, indaga nei suoi monticelli e seni, pensa a cosa farai oggi con lei. Non essere una lingualunga, Prima del pettegolezzo, della menzogna, dell'infedeltà, morditela tre volte: dopo, se vuoi, liberala.

Quella tendenza a tradire, a mentire e a essere perfettamente franca. A nasconderti o a mostrarti molto. Quella preoccupazione di preoccuparti tanto per poi finire a raccontare la tua storia, la tua storia nei minimi particolari a uno sconosciuto. Quella voglia di fuggire, di uscire di corsa quando qualcuno mostra di cominciare a conoscerti, sebbene tu non ti riveli. Quella vertigine di rimanere. Quell'implacabile sete di qualcuno e di non stare con nessuno. Di avvolgere le carezze nelle parole. Quella voglia di cambiare senza rinunciare a nulla. Quella fame di impossibile. Come pensare in questa confusione contraddittoria? E' verità e menzogna, è bene e male e non c'è via d'uscita. Nulla da fare. Beviti un bicchiere d'acqua.

Usa la modestia come una corazza per proteggersi. Finge di non sapere quello che più sa. Tra una vanità fondata e una falsa modestia sceglie la seconda. Parlo dello zucchero. Il sale è il contrario: fa credere di sapere persino quello che non sa. Il suo modo di proteggersi è l'arroganza. E' vanitoso senza motivo e incapace di essere modesto. Conosci a fondo il sale e lo zucchero, così saprai usarli. Uno è molto concreto, l'altro troppo astratto. Se usi molto uno, ti manca l'altro, ed entrambi ti fanno vivere un una perpetua nostalgia. Non c'è metodo migliore del cammino battuto: sale all'inizio e zucchero alla fine. Il salato, inoltre, serve a lasciarci soddisfatti. Il dolce, invece, non serve a riempire, ma è uno stimolo per la fantasia. Disse bene il sapiente Savinio: "Nell'ordine dei cibi il dolce tiene il luogo del vizio, meglio ancora, di un peccato, è il caso di dire, dolcissimo. Non è senza una precisa ragione che il dolce viene alla fine del pasto. I dolci noi non li accettiamo se non saziata la fame, placate le necessità. Il dolce fa dimenticare quel che di necessario e dunque di cupo e di mortale è nell'operazione del nutrirsi, ci riconcilia con la parte divina della vita e  fa rifiorire in noi il riso. Punizione gravissima è lasciare il bambino senza dolce, togliergli la gioia e il conforto."

Ci sono sofferenze che gettano, irrimediabilmente, nel più profondo sconforto. E la disperazione è così totale che tu stessa ti meravigli di soffrire tanto e di non poterlo sopportare. Solo con lui potresti sopportare tanta infelicità, ma è lui che se ne è andato. E' morto colui che amavi e puoi resistere? E' morto colui che ti faceva sognare e sorridere e tuttavia ce la fai? Prima, quando c'era lui, la vita era un'altra cosa. Adesso senti che hai perduto chi ti faceva palpitare, senza rendertene conto, di allegria. Non posso consolarti. Non ho alcuna ricetta che abbia pietà della tua tristezza e la mitighi. Al contrario, posso solo dirti di soffrire liberamente, di soffrire più che puoi, fino a sentire che tanta tristezza non entra più in un corpo. Non risparmiare le lacrime, sguazza nel dolore con tanta intensità come prima nel piacere. Perché c'è una regola ineluttabile che, adesso che la sentirai, ti renderà ancora più triste: col passare del tempo non soffrirai più tanto; vorrai soffrire come prima e non ne sarai capace. E' impossibile soffrire e soffrire per molto tempo. Anche lui, lui finirai per dimenticarlo. Costi quel che costi e accada quel che accada: se dopo trentasei mesi continui a soffrire come adesso, non soffrirai per lui, soffrirai per il senso di colpa di non continuare a soffrire. Nonostante fosse senza limiti l'amore che provavi, il dolore è avaro, dura meno.

La routine non è, come pensano alcuni superficiali e mendaci, quello che rende la vita insopportabile. E' piuttosto il contrario: tanti atti della vita sono talmente insopportabili che se non li facessimo diventare routine, renderebbero la vita insopportabile. Dice un amico senza nome: "L'unica maniera che ha l'uomo per sopportare la vita, è renderla routine". Poiché ci sono compiti tediosi e inevitabili che non devono offendere la nostra testa con l'ombra di un pensiero, di un dubbio, bisogna renderli meccanici: spolverare, lavarsi i capelli, lavare il pavimento, pagare i conti, andare in ufficio. Non pensare alle cose orribili, falle diventare routine. Accetta senza lotta le inevitabili incombenze quotidiane e riserva l'entusiasmo a quelle insolite. Mangia e cucina piatti semplici per tutti i giorni. E quando c'è una leccornia, si faccia festa. L'esistenza non sopporta i banchetti quotidiani. Che la quotidianità si trasformi in un ronzio insopportabile, in un inevitabile sottofondo dell'altra, la vera vita, quella che invece pensi e cerchi e rinnovi e cambi e proteggi. Non trasformare in routine quello che ti esalta, quello che ti interessa. Quello di cui non importa però devi farlo diventare di routine perché non pesi.

Unirò due frasi altrui e sapienti al fine di indurti alla moderazione. Una è di Quevedo, il miope, zoppo e linguacciuto Quevedo, che disse: "Tutto il di più fu sempre veleno". L'altra è dell'indigesto Ceronetti, esperto conoscitore dei silenzi del corpo: "Per quanto poco mangi, mangerai sempre troppo". Cos'è questo, ti dirai: un cuoco che mi invita all'anoressia? No. Per farsi capire conviene esagerare. Ma non conviene mai esagerare nel mangiare: meglio la voglia di prendere ancora che rimpinzarsi. Inoltre, c'è un solo segreto per non ingrassare mangiando: preparare bene le pietanze. La cattiva cucina è così sgradevole che non soddisfa la fame, non sazia l'appetito. i cibi piacevoli non compiacciono solo lo stomaco: tranquillizzano lo spirito e perciò ci permettono porzioni ragionevoli. Quanto peggiore è ciò che mangi, tanto più ti ingozzerai di tutto, ti riempirai senza pietà in cerca di un piacere profondo che non arriva.

18082013

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